Il progetto site-specific curato da Angel Moya Garcia sarà visibile fino al 22 settembre alla Tenuta dello Scompiglio di Vorno (LU)
La prima volta che ho conosciuto l’opera di questo giovane talento olandese è stato due anni fa per la collettiva Tensioni Strutturali #3 alla galleria Eduardo Secci di Firenze e oggi, alla Tenuta dello Scompiglio, come allora, sono rimasta impressionata dalla grandezza, non solo fisica, della sua ricerca artistica che, in entrambi i casi, è grazie al lavoro curatoriale di Angel Moya Garcia se è arrivata nelle patrie toscane. La peculiare ricerca di Levi van Veluw si concentra sulla percezione dell’ambiente circostante da parte dello spettatore, manipolandola e sperimentandone la sua relatività con la creazione di nuovi ambienti, scuri, coinvolgenti dal punto di vista sensoriale, in cui immergersi completamente, con lo scopo di suscitare una nuova coscienza percettiva. Sanctum è studiata con questo obiettivo.
In questa caratteristica occasione espositiva, l’artista si è confrontato con la tematica della morte e la sua dimensione più ideologica, secondo le linee guida della Stagione 2018/2019 dello Scompiglio, ragionando sul concetto di culto religioso in rapporto al suo processo o rituale. Senza rifarsi a un culto specifico, van Veluw è da sempre interessato e affascinato sia dagli antichi che dai nuovi culti religiosi e da come questi agiscano nella mente dei fedeli, attraverso la forma e l’immagine, procedendo da una semplice domanda, “come artista, è in grado di provocare un’esperienza spirituale convincente nel visitatore”? Per quanto mi riguarda, la mia risposta è sì, riesce a provocare un’esperienza spirituale, ma su questo tornerei dopo.
L’ambiente ricreato dall’artista è un percorso verso il sacro o verso la perfezione divina in un crescendo graduale e armonico, sull’esempio del primo edificio religioso, il Tabernacolo, costituito al suo interno di tre spazi: il Cortile, il Luogo Sacro e il Santuario o Sancta Santorum. La costruzione dell’intera installazione è studiata per influenzare la percezione dello spettatore non appena vi entri all’interno, in una visione prospettica lineare, pulita, monumentale, che ambisce alla resa di una suggestione, che induce a pensare che ci troviamo in “un edificio fatto per glorificare uno scopo superiore sconosciuto”.
L’artista, come ha spiegato il curatore, che ringrazio tanto per averci accompagnato in questa visita, non dà mai spiegazioni per le proprie opere se non pochissimi capisaldi, proprio perché il suo interesse non è trasmettere un messaggio o esprimere la propria visione; non vuole assolutamente influenzare il pubblico con il proprio pensiero, ma, al contrario, vuole che esso sia libero di interpretare, di lasciarsi influenzare dall’opera in relazione alla propria sensibilità. Perciò, facendo riferimento alla domanda che l’artista si è posto studiando quest’opera, vorrei esprimere quali sono state le mie suggestioni e la percezione che ho esperito, perché in Sanctum mi sono sentita davvero catapultata in un ambiente rituale. La mia percezione della realtà è stata manipolata affinché “sentissi” davvero che stavo praticando un percorso verso qualcosa di sacro. Affinché avvertissi il sacro. Una sensazione che, come anche per chi mi ha accompagnato nella visita, si è amplificata camminando peripateticamente tutt’intorno alla cappella, posta al centro del Santuario,
lungo i canali d’acqua profumata, ma che stranamente è svanita non appena se ne è varcato il confine, al di là del quale è racchiuso il “Sancta Sanctorum”.
E’ stato sorprendente come tutto ciò ci abbia portato a riflettere sul come un ambiente possa influenzare così la nostra percezione del sacro e ne abbiamo dedotto, che sia proprio la costruzione ben congeniata di limiti oggettivi, la loro stessa esperienza così come il loro superamento da parte del fruitore, a suggerire non solo la sacralità di un luogo e di un oggetto, ma anche innalzare o annientare tale suggestione.
Una esperienza unica nel suo genere, che consiglio di non mancare, non soltanto perché le vostre esperienze con questa opera potrebbero essere per ognuno diverse dalla mia, quindi nuove e personali, ma soprattutto, visti gli obiettivi dell’artista e qual’ora poi ne vorreste raccontare o lasciare traccia scritta, possono in potenza contribuire allo sviluppo della sua ricerca.
Crediti foto di copertina: Levi van Veluw, Sanctum, 2019 foto di Guido Mencari Courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio