Questo è il titolo che una delle mie amiche con cui sono andata a Parigi questo dicembre, ha dato al nostro viaggio nella capitale francese. Mai titolo fu più azzeccato, visto tutto ciò che siamo riuscite a vedere e a fare, nonostante lo sciopero generale dei mezzi pubblici e con solo due linee di metro funzionanti. Dalla personale dell’urban artist Etnik, che ha inaugurato il 6 dicembre alla GCA Gallery nel 13° arrondissment, alla visita ai wall paintings realizzati nel medesimo quartiere negli ultimi 4 anni intorno a Boulevard Vincent Auriol. Fino alle mostre offerte dalla Galerie Perrotin e quelle dal Centre Pompidou, è proprio il caso di dirlo a Parigi si respira l’arte contemporanea a 360°.
La prima sera a Parigi non ci siamo fatte sfuggire l’opening di 5 Solids Metaphor, la seconda personale parigina del nostrano Etnik alla GCA Gallery. Una mostra composta da dipinti su legno di recupero, ricami su tela e fotografie degli interventi nello spazio pubblico ad opera dell’artista in quest’ultimo anno. Ultimo tassello dell’omonimo progetto iniziato
un anno fa su muri e in installazioni in giro per l’Europa e gli Stati Uniti, fondato sulla teoria dei 5 solidi platonici, secondo la quale ogni elemento naturale, alla base dei cambiamenti fisici dell’Universo, è combinato a un solido razionale + 1, quello dell’Universo stesso. Tematica grazie alla quale, ancora una volta, Etnik riflette sul precario equilibrio tra uomo e natura, sulla decadenza delle città contemporanee, dove il progresso assume connotazioni negative ed esce sconfitto nella battaglia per il rispetto di quel equilibrio.
L’indomani abbiamo poi passeggiato di buona lena per tutto il 13° arrondissment, specialmente nei pressi del Boulevard Vincent Auriol ammirando i wall paintings di artisti come Obey, Inti, Seth e BomK per il progetto Boulevard Paris 13 ad opera della Itinerrance Gallery
Nel pomeriggio, dopo qualche giretto per librerie e posti ancora inesplorati di Parigi, ci siamo dirette alla Perrotin. Una tra le poche gallerie d’arte contemporanea, che ha esposto anche artisti urbani, di fama internazionale. Non solo per le proposte, ma anche per possibilità espositive, che offrono i suoi magnifici spazi immacolati.
Dalla personale di Josh Sperling con So it goes, di cui qui la seconda sala con l’installazione immersiva site-specific, che si estende a tutte e tre le pareti espositive, composta da elementi semi-scultorei monocromatici dalla forma irregolare e sfuggente, che però trovano nel loro incastro equilibrio e armonia. Per poi passare alla personale di Takashi Murakami, Baka, nel secondo palazzo di proprietà Perrotin.
Qui vediamo la sala dedicata a Mr.DOB, il personaggio che Murakami inventò nel 1993, del quale presenta qui una serie di nuovi ritratti e una scultura a grandezza reale. La sua elaborazione, che nel tempo ha subito diverse variazioni estetiche, nasce dalla critica mossa dall’artista alla società dei consumi, ritenuta priva di vita e significati e dalla riflessione su alcuni personaggi-icone, che in essa e per essa hanno acquistato nel tempo dimensione universale sopravvivendo anche ai cambiamenti di mercato. E’ il caso di Topolino della Disney, del quale l’iconico personaggio murakamiano è la risposta giapponese, che entrò subito nell’immaginario pop occidentale facendo breccia nel cuore di alcuni marchi dell’alta moda.Prova samsung galaxy a25 vollstaendige spezifikationen funktionen preis auf den philippinen e die besten fitness apps fuer virtuelle realitaet fuer das iphone 7 plus e sperimenta https://www.innokinkit.co.uk/product/innokin-endura-t18e-2-kit-002126 di livello mondiale!
La sera, invece ci siamo regalate una visita al museo galleggiante Fluctuart, dove ha sede la libreria dedicata alla street culture Le Grand Jeu e la mostra permanente di opere d’arte realizzate da alcuni tra i più importanti esponenti della street art internazionale. Come entrées ai festeggiamenti per il mio compleanno è stata un’ottima idea, già perché questo viaggio ha coinciso proprio con questa ricorrenza.
Concludiamo con una bella visita al Centre Pompidou, anche se non è la prima volta che ci capito in questo soggiorno, i cui esterni purtroppo sono sotto restauro in questo periodo. Abbiamo, quindi, avuto poco da fotografare, se non i murales, a lato del centro espositivo, inaugurati proprio il giorno prima, di Obey e Invader di fianco a quello storico di Jef Aerosol.
Non mi sono lasciata di certo sfuggire la mostra dedicata ai dipinti realizzati negli ultimi due decenni di attività di Francis Bacon, dal 1971 al 1992, dal titolo Bacon en toutes lettres.
Una retrospettiva straordinaria dal titolo eloquente, con opere pittoriche, come i trittici, poco esposte e forse, per alcuni, conosciute soltanto sui libri, inserite in un percorso espositivo studiato per metterne in risalto il dialogo intessuto con alcuni testi chiave per Bacon, esaltandone proprio l’ispirazione diretta.
Non solo pittura, quindi, ma anche la letteratura è al centro della mostra, in cui ogni trittico è messo in relazione a una lettura specifica, attraverso delle mini salette, in cui poter entrare e ascoltare una voce narrante (ENG/FRA), che legge un passo tratto dall’opera letteraria, facente parte della biblioteca personale dell’artista, a cui fa riferimento l’opera pittorica.
Opere letterarie, che hanno ispirato le atmosfere dei dipinti di Bacon o ne hanno suscitato le immagini senza una meditazione, stimolandone un’immaginazione immediata. Le opere quindi non devono intendersi affatto come una interpretazione o trasposizione dei temi tratti dai libri. Non raccontano storie, ma suggestioni.