Testo critico di Alessandra Ioalé e Francesca Holsenn scritto per “Now and later“, la personale di Chris “Daze” Ellis inaugurata il 31 marzo 2016 alla Avantgarden Gallery di Milano
Maestro e rappresentante old school del Graffiti Writing di New York, sin dai primi anni ’80 Daze inizia il proprio percorso artistico portando lo studio del lettering nella dimensione pittorica del paesaggio urbano di stampo realista; andando oltre la strada e i vagoni della metropolitana per arrivare al lavoro in studio fino alle pareti di importanti gallerie e musei di tutto il mondo. Testimone del suo tempo, come un Virgilio contemporaneo narra una realtà parallela, diversa ed opposta a quella delle higths newyorkesi. Ogni dipinto è un messaggio dalla metropoli che stordisce e sbalordisce raccontando quella realtà urbana, trascurata dalla pittura convenzionale, molto più agitata, aggressiva, difficile, in cui le persone vivono una propria normalità sopravvivendo al disagio con dignità e voglia di vivere la propria dimensione culturale. Quella parte di metropoli che in molti hanno vissuto ma che in pochi sono riusciti a tradurne l’atmosfera su tela. Un’atmosfera che si respira ancora nel Bronx e ispira quotidianamente Daze che, prima da writer e oggi da artista, porta avanti il suo lavoro nello studio aperto in questo stesso quartiere con il collega ed amico Crash nel 1981. Dai lavori di esordio, quando per la prima volta nel 1981 espone al Mudd Club e alla galleria Fashon Moda per la sua prima personale nel 1982, ad oggi le tecniche si sono affinate in un mix, tra pittura a spray, a olio, stancil e collage con cui restituisce quella forza espressiva, quella sensazione di movimento veloce e dinamico propri di un particolare racconto. Il racconto della strada, dei neighborhood poveri di New York, che solo pochi artisti come Daze sanno narrare, attraverso un repertorio iconografico personale sviluppato negli anni, proprio della disciplina del writing, che combina, unisce e adatta oggi ad elementi e strutture compositive proprie della pittura di tradizione realista.
Tutta una produzione di opere che vanno dalla citazione diretta del reale, a opere che stanno a metà tra la rappresentazione realistica del paesaggio urbano e una rappresentazione evanescente, onirica come la serie “Grey scale”. Serie quest’ultima in cui si avverte una tensione emotiva sottesa che fa dell’opera non più semplice documento del reale ma messaggio di uno stato d’animo, quello dell’artista di fronte a questa realtà disagiata. A rendere ciò è la contrapposizione di due forze interne all’impianto compositivo delle scene, quando squarciate dai treni della metropolitana o da strutture architettoniche caratteristiche, in cui vi sono innestati volti, per lo più accennati o concentrati sullo sguardo, dall’aria inquietante e premonitrice. Fino ad arrivare a lavori meno espliciti e più d’impatto, composti da immagini tratte direttamente dal suo background di writer, come le serie “Agenda” e “Geometrical”. Vediamo irrompere il wild style delle lettere e i vagoni della metro che s’impongono su sfondi a collages o dai colori accesi, quando non ben definiti e quando ripartiti in campiture geometriche precise, in accordo con una certa estetica pop propria dei suoi “pezzi” anni ‘80 più conosciuti. Con soluzioni personali, Daze uscendo dalla strada porta su tela il proprio realismo urbano contribuendo a quel racconto universale della metropoli contemporanea, e crea un ponte tra i sobborghi poveri della sua metropoli newyorkese e lo spazio immacolato della galleria.
Foto courtesy Avantgarden Gallery
Video intervista Francesca Holsenn e Alessandra Ioalé, montaggio Davide Barbafiera