La prima personale dell’autrice Lucia Biagi a cura di Alessandra Ioalè e Marco Cirillo Pedri per la Teké Gallery di Carrara dal 2 al 16 dicembre 2017
I mostri sono creature fantastiche, così come i dinosauri sono state creature meravigliose. Non c’è bisogno che vi dica che i dinosauri hanno vissuto realmente su questa terra milioni di anni fa; e che invece i mostri non hanno mai vissuto sulla terra, ma ce li hanno fatti immaginare come creature che ne hanno fatto parte, magari venuti da un altro pianeta. Nonostante ciò, entrambe le creature sono reali quanto immaginarie, grazie alla trasposizione nella “realtà parallela” del cinema e del fumetto producendo storie con cui ognuno di noi è cresciuto, si è formato, plasmando il proprio immaginario e la propria idea di realtà. È allora che quest’ultima può superare la fantasia, mescolandosi con essa. Mostri e dinosauri sono state creature negative o positive, a seconda della nostra percezione influenzata dai contesti storici. Oggi si però si aggirano tra noi “nuovi mostri”, che possiamo identificare con le nostre paure, con noi stessi che ci spingiamo in atti camuffatori per contrastarle, e sia i mostri che i dinosauri non fanno più così tanta paura, ma tenerezza se pensiamo che nella realtà si nascondono “bestie” ben più paurose da esorcizzare. Ai nostri occhi possono sprigionare quel senso giocoso e innocente, che stuzzica il bambino chiuso ancora in alcuni di noi, che in queste creature si va a rifugiare, facendone i propri eroi o porta fortuna.
Un processo, che Lucia Biagi, autrice, disegnatrice e artista poliedrica, ha messo in atto inconsciamente, creando un mondo parallelo, irreale ma tangibile, di tutto ciò che, prima da bambina poi da adulta, ha catturato la sua attenzione, attraverso il fumetto, il ricamo e l’uncinetto. Appassionata e collezionista di giocattoli e toys, per lei è stato naturale iniziare a crearne di suoi, proprio come è successo sin da quando era una ragazzina fervida lettrice di fumetti, che cominciò a volerne scrivere e disegnare di propri. Mischiando realtà e fantasia. Rendendo concreto ciò che è frutto d’immaginazione. Tramutando la realtà in opere di finzione. Mostruose creature, che nella nuova veste del ricamo o nel loro essere di pezza, diventano adorabili compagnie; storie tratte dalla realtà reinventate per mezzo del fumetto; oggetti reali di uso quotidiano, che con la tecnica giapponese dell’amigurumi, sono trasformati in morbide riproduzioni. All’inizio, partendo sempre dai suoi disegni, confeziona pupazzi dalle forme semplici cuciti a mano, alcuni dei quali hanno abbastanza carattere da diventare personaggi dei suoi fumetti, come in Pets pubblicato per Kappa edizioni nel 2009. Ed è in questo periodo che Biagi passa lentamente a costruire personaggi più complessi, immaginandoli in 3D, e unisce gli insegnamenti della tecnica dell’uncinetto a quella dell’amigurumi (“giocattoli lavorati all’uncinetto” dalla contrazione di ami, che significa fatto all’uncinetto, e nuigurumi, che significa pupazzo), tanto antica quanto quella dell’uncinetto nella tradizione occidentale, che permette la modellazione tridimensionale, grazie alla tecnica di lavorazione a spirale della maglia. Se all’inizio erano solo mostri dalle forme tenere, negli ultimi due anni l’autrice si è voluta distaccare dall’immaginario classico giapponese e ha voluto riutilizzare la tecnica dell’amigurumi per creare qualcosa di diverso, oggetti più legati alla nostra tradizione occidentale moderna, come la macchina da scrivere. La Olivetti Lettera 32 era l’esemplare perfetto; presenza costante del nostro immaginario classico; oggetto che ha fatto parte del quotidiano della passata generazione, quella dei nostri genitori e, prima ancora, dei nostri nonni; lo abbiamo avuto sotto i nostri occhi da bambini catturando sempre la nostra curiosità che ci ha spinto a “giocarci”. Uno strumento che oggi potrà essere un cult da collezione, mantenendo la sua funzione primaria, e che Biagi lo ha però trasformato in oggetto di design donandogli nuovo senso. Scelto per mostra della nona edizione della Triennale Design Museum di Milano, all’interno del progetto W. Woman in Italian Design, è stato oggetto di molta attenzione ed ora ha un posto d’onore nel percorso espositivo dedicato all’autrice e di questa sua nuova parte di lavoro, che ha inizio nella realtà e approda alla finzione attraverso la tecnica dell’amigurumi.
Nel fumetto l’autrice ha operato la medesima scelta di contenuto, allontanandosi da quel immaginario intimo e giocoso degli inizi, dall’approccio autobiografico sia nella narrazione che nel disegno, per dare voce a storie di finzione che prendono però avvio dalla realtà. Come infatti mostrano le tavole originali, tratte dalla sua ultima pubblicazione, a confronto con quelle delle prime pubblicazioni (come anche “Dinosauri” contenuto nell’antologia a fumetti “Amenità” autoprodotta nel 2011), la caratterizzazione dei personaggi, mantiene un tratto grafico chiaro e pulito del colore nero. Uno stile semplice, che lascia spazio a pochi elementi descrittivi se non quelli necessari, tutto in funzione della trama narrativa, a cui dà risalto, che non ha più carattere autobiografico. La differenza sta nell’uso della palette cromatica, che se nei primi fumetti, autoprodotti e non, rispetta un ordine realistico rispetto alla storia narrata, negli ultimi due è giocata su una bicromia che non fa fede al reale ma esprime lo stato psico-emotivo dei personaggi. Giovani ragazze comuni, che affrontano esperienze ipoteticamente reali. Biagi costruisce situazioni in cui le ragazze di oggi possono davvero ritrovarsi ad affrontare, dotandole di coraggio e capacità di scelta che le porteranno a superare le difficoltà, a conoscere meglio sé stesse e a diventare piccole donne esorcizzando i propri piccoli e grandi “mostri”. È ciò che accade nei suoi ultimi due fumetti, “Punto di fuga” e “Misdirection”. Il primo, pubblicato in Italia con Dìabolo Edizioni e in Francia con Éditions çà et là, affronta, per la prima volta nel fumetto, il tema dell’aborto e della conseguente e difficile decisione da prendere per una ragazza che è appena uscita dall’adolescenza; il secondo, pubblicato in Italia da Eris Edizioni e in Francia sempre da Éditions çà et là, è un thriller adolescenziale, che lavora sul ciò che sembra ma non è, sulla visione distorta degli avvenimenti, sugli inganni della percezione di una adolescente che combatte l’influenza del pregiudizio culturale di un piccolo paese sperduto di montagna, che meta turistica di lusso negli anni ’80 ma oggi è in decadenza. Per quest’ultimi, non a caso, la struttura dei dialoghi è affidata a un linguaggio scarno, diretto, abbreviato che segue un registro frettoloso, minimo, fatto di poche parole e molti simboli proprio dei giovani d’oggi, che sempre con uno smartphone in mano sono abituati a comunicare con la messagistica istantanea. Per mezzo dei suoi personaggi Lucia Biagi dà delle acute chiavi di lettura delle due vicende per far comprendere, non solo a chi è coetaneo delle protagoniste, ma anche a chi è già adulto, la vera essenza dell’essere giovani e avere una visione del mondo diversa, più problematica per certi aspetti e per altri meno rigida e per questo dare una possibilità alla loro capacità di prendersi le proprie responsabilità e imparare dai propri errori.
Tutto il lavoro di Lucia Biagi, in arte Whena, è un elogio alla semplicità con cui il suo immaginario riesce a dialogare e mettere in comunicazione ambiti artigianali ed artistici diversi contaminandosi reciprocamente. Ciò che nasce sulla carta diviene pupazzo, oggetto di design e viceversa. Diversi tipi di realtà di finzione con cui l’autrice riesce a rendere concreta la sua immaginazione, che tiene un piede nella scarpa da adulta e l’altro in quella da adolescente, entrambi ben saldi sul piano del reale quotidiano per viverlo appieno, non facendosene sfuggire nessuna sfumatura. Il progetto espositivo vuole immergere il pubblico nell’immaginario dell’autrice, così come si costituisce oggi dandone anche un assaggio di come si presentava ai suoi inizi, per indurlo a comprendere l’insegnamento che ci regala Biagi, ovvero che è ancora possibile, senza essere scontati, raccontare la nostra immaginazione e materializzarla nella realtà sperimentando diversi tipi di arte, guardando il mondo con occhi consapevoli di ciò che sta fuori e ciò che sta dentro di noi e restituirlo con spontanea onestà.
Pics by Gabriele Ubrik di Eris Edizioni
Rassegna Stampa
Articolo su FrizziFrizzi by Simone Sbarbati “SAVE THE DATE | MISDIRECTION: personale di lucia Biagi”