Ombre, proiezioni, ribaltamenti, vuoti improvvisi e inversioni la personale che Villa Pacchiani, sotto la direzione e curatela di Ilaria Mariotti, dedica alla pratica artistica di Luca Pancrazzi, artista fiorentino classe ’61 attivo dagli anni Novanta, che oggi vive e lavora tra Milano e la Filandia.
Niente di più vero per definire una pratica di creazione multidisciplinare nella rivelazione di nuovo senso dietro a oggetti semplici, quasi insignificanti, dati per scontati, a volte invisibili ai nostri occhi, perché parti nascoste di oggetti più complessi e funzionali alla vita di tutti i giorni, o nascosto tra le trame di un peculiare dialogo costruito tra le forme di essi.
Nel percorso espositivo, pensato ad hoc, le opere risalenti a periodi precedenti sono messe in rapporto con quelle più recenti per restituire una traiettoria di ricerca sviluppata nel segno della sperimentazione sulla percezione e le sue influenze. Le immagini nelle opere sono proiettate, ri-costruite, trasferite o cancellate attraverso dispositivi, che l’artista costruisce, così che ogni opera emerga dalla mancanza o dal vuoto in positivo come dalla proiezione, dal pieno in negativo in un gioco che fa riflettere sulle nostre certezze percettive. La percezione, essendo un fatto personale, è soggettiva e per questo i dispositivi partono dall’oggetto trasformando la sua oggettività in poesia.
Dal tema del paesaggio urbano, caro a Pancrazzi, evocato attraverso l’uso di proiezioni, come in La città ideale e Paesaggio di prossimità. Nella prima installazione, il paesaggio risulta infatti dall’intreccio delle ombre proiettate di oggetti di recupero posti su una giostra, che ruota a simulare lo scorrere di uno skyline visto da un mezzo in movimento. Nella seconda opera pittorica, invece, il paesaggio è dato dalle ombre di oggetti proiettate su uno sfondo.
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Passando per opere che mettono alla prova lo sguardo, come Fuori Registro e Interno Negativo. In entrambe, evocando tavoli di lavoro, la percezione del fruitore ha a che fare o con immagini realizzate a frottage partendo da una proiezione a parete degli oggetti o costruite a partire dal loro negativo fotografico, ovvero una fotografica del dipinto-negativo dando un positivo che al contempo è un negativo.
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Sulla stessa strada disturbante si trovano altre due opere, Senza Rete, (Genova) e In Grid, nelle quali però l’elemento di disturbo della percezione dell’immagine è la rete. Se nella prima, infatti, l’immagine sul fondo è data dal poco colore, che è riuscito a passare dalla rete e depositarsi; nella seconda, la rete costringe continuamente l’occhio alla messa a fuoco di ciò che guarda, ovvero l’immagine al fondo data da una stesura di smalti su fotocopia.
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Fino ad arrivare a opere che giocano sul concetto di presenza/assenza, come I pieni e i vuoti si somigliano, ma non nel numero, Tre piede e la più recente Polvere contemporanea (assenza di Roland).
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Nella prima serie, i dipinti rappresentano i vuoti delle forme di oggetti domestici assumendo autonomia formale in un percorso dell’individuazione dell’oggetto a partire dai vuoti della sua forma.
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Nella seconda installazione, invece, il cavalletto della macchina fotografica si manifesta a parete come riflesso, mentre il negativo della silhouette ricavata sullo specchio torna in forma positiva e realistica.
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Nell’ultima opera, invece, ad essere rappresentata è l’assenza lasciata nello spazio dello stabilimento della Gea di Milano dalla macchina tipografica offset Roland Ultra 1968 dopo il suo trasferimento in India.
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Pancrazzi a Villa Pacchiani dimostra come “la pluralità dell’osservazione e della percezione” metta “in crisi le regole della scienza che pure ne sono fondamento” ed invita lo spettatore a mettersi in discussione e a giocare con la propria percezione. In poche parole l’artista invita a sorprenderci ancora.
La mostra è visitabile il giovedì e venerdì dalle 17.00 alle 19.30 fino al 14 febbraio, presso Villa Pacchiani Centro Espositivo, P.zza P. P. Pasolini, Santa Croce sull’Arno.