Testo critico per la personale di Giulio Vesprini, “PAREIDOLIA” dal 7 al 30 aprile 2018 alla Street Levels Gallery di Firenze
A distanza di tempo, tornare a scrivere di Giulio Vesprini, del quale da anni ormai ne seguo le gesta su muro e le prodezze su carta, significa qualcosa di più della conferma di un rapporto di reciproca stima lavorativa. Significa avere l’opportunità di studiare la crescita del suo lavoro, vederne negli anni lo sviluppo sempre più complesso in una parabola ascendente, e poterlo mettere nero su bianco, ancora una volta, ponendo l’accento sulla sua pratica trasversale e multidisciplinare, che coinvolge non solo l’inchiostro o le vernici e gli acrilici, ma anche diverse tecniche a stampa, dalla xilografia alla calcografia e la letterpress. Giulio Vesprini è uno dei pochi urban artist, che stringe con la carta un rapporto profondamente intellettuale, conoscitivo e fisico legandolo oggi indissolubilmente con il lavoro su muro. Ne sperimenta le diverse dimensioni, le differenti grane su cui restituisce l’impronta dei materiali più disparati. Foglie, rami, pezzi di sassi, superfici di legno grezze o intagliate, di ferro incise, matrici tipografiche, tutto si coniuga sulla superficie cartacea grazie all’impressione con torchi antichi. Come scrissi, da questa sperimentazione “scaturiscono combinazioni texturali”, che diventano “affascinanti tasselli di un intarsio irregolare, ma dalla rigida volontà di contenere qualcosa che per natura è incontenibile,” a cui sfuggono però incursioni texturali più libere “che, come schegge impazzite, danno uno schiaffo a quel rigore compositivo” per riportare in equilibrio due parti in gioco. L’equilibrio “tra uomo e natura, tra casualità del gesto umano e rigorosità delle strutture naturali, tra l’imprevedibilità della natura contro ciò che l’uomo ha costruito” con rigore. Un equilibrio, che oggi si è fatto più complesso con l’entrata in gioco di un altro elemento, quello architettonico, ma che ancora l’artista riesce a ristabilire con quel “caos controllato” nella forma superiore e omnicomprensiva del Cerchio. Mi sorprende vedere che, ciò che scorsi in nuce prima, abbia adesso preso forza, concretezza e definizione nella parola Archigrafia, che non è solo una parola. È la parola che si fa concetto e il concetto che si trasforma in metodo. Un metodo, con cui Vesprini prima ristabilisce su carta l’equilibrio tra uomo e natura e successivamente costruisce su muro un nuovo equilibrio, quello tra uomo e architettura urbana rispondendo alla necessità di far tornare quest’ultima a comunicare con l’ambiente e il cittadino. L’approccio dell’artista con il muro cambia. L’intervento della carta diventa complementare a quello su muro. Nella pratica di Vesprini, infatti, se all’inizio il rapporto tra le due discipline era parallelo, oggi è di richiamo trasversale nel momento in cui alla pittura muraria si è aggiunto l’intervento pubblico del poster, con cui l’artista porta in strada le sue grafiche. Ed ecco che Vesprini torna a far “parlare” i luoghi con le persone che li vivono, restituendo all’arte nello spazio pubblico un valore sociale, oltre che estetico. Ciò, ha trovato compimento nella serie Shared Space, intervento di poster art realizzato in Viale Masini a Bologna lo scorso anno, da cui scaturisce la serie inedita di lavori su carta in A4 presentata in questa mostra.
Se l’Archigrafia è il metodo, che sottende alla creazione dell’opera, allora ciò che sottende alla comprensione della stessa sarà il processo di interpretazione automatica della Pareidolia, che innesca il coinvolgimento attivo del pubblico fruitore. Quando guardo le opere di Vesprini è come trovarsi di fronte a un rebus formale, in cui sono suggerite solo alcune coordinate, il resto spetta poi a noi risolverlo. Sono opere grafiche, che si impongono alla nostra attenzione, interrogano il nostro istinto per risolvere il nostro rebus personale in cui riconoscervi l’illusione di forme a noi familiari. Come quando ci ritroviamo incantati a fissare le mattonelle in graniglia, specialmente quelle nere con le loro caotiche venature e irregolari trame formali. È quasi impossibile staccarvi lo sguardo per paura di perdere quella familiarità illusoria in procinto da essere risucchiata in quel caos. La Pareidolia in Vesprini si arricchisce di più livelli interpretativi, sovrapposti o sfalsati. Nonostante l’uso di tecniche per la riproduzione seriale, ogni opera è monotipica e aperta a successivi ripensamenti e rimaneggiamenti dell’artista. Così, come le città possono cambiare la propria forma nel tempo, anche le opere di Vesprini hanno la possibilità di cambiare ogni volta la propria configurazione primaria. L’artista, infatti, lavora per strati intervenendo in tempi e modi diversi sullo stesso monotipo, regalandoci così una lettura dell’opera straordinaria e meravigliosamente accessibile perché ispirata dall’esperienza pregressa del fruitore e quindi sempre diversa e personale.
Photo credits: Alessandra Ioalè
Mostra recensita su: La Stampa e FUL-Firenze Urban Lifestyle