“Noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui. La macchia che esiste prima del segno. Che esiste senza il segno. La macchia così intrinseca non richiede un segno. La macchia che precede la disobbedienza, che comprende la disobbedienza e frusta ogni spiegazione e ogni comprensione.”
La Macchia umana P. Roth
Dallo studio delle lettere alla loro astrazione per poi arrivare alla creazione di “puppets”, questo il percorso di ricerca seguito da Aris, prima come writer e come street artist dopo, per la costruzione del proprio linguaggio espressivo che lo contraddistingue ormai da vent’anni nel panorama europeo dell’arte urbana e contemporanea. Un processo creativo che come un’onda arriva e si ritira trascinando con sé qualcosa che alla fine restituisce trasformata. Una trasformazione fluida delle lettere in delicate silhouette dal profilo essenziale, pulito, senza alcuna volontà tridimensionale, scultorea, reale, di sfondare le superfici su cui giacciono. Sono il frutto di una ricerca puramente estetica sviluppata a partire dalla sperimentazione di tre elementi: colore, tratto e supporto, ogni volta diversi, che l’artista combina e ricombina fino a trovare un accordo armonico con le ambientazioni, spesso decadenti e spoglie, in cui vengono calate generando un’atmosfera affascinante e suggestiva dove tutto scorre fluidamente davanti ai nostri occhi. Figure umane che man mano rifuggono dalla immediata riconoscibilità e comprensione avviandosi verso una sintesi formale assoluta in cui vi si può riscoprire un principio naturale altrettanto assoluto. L’intrinseca complementarietà della natura umana, la specularità naturalmente precisa delle sue forme, la loro imperfezione naturale dalle piccole e grandi coincidenze, nella continua ricomposizione di corpi fluidi, che si propagano, avanzano, spaziano come una grande macchia lasciando una traccia sul suolo del mondo.
Se l’uomo come una macchia invade il paesaggio incontaminato della natura, quelle di Aris sono orge di forme che si stagliano come macchie su paesaggi contaminati dall’arida distrazione dell’uomo. Macchia umana indefinibile, sconcertante per quanto la sua essenza intrinseca non sia catalogabile, perché incerta, instabile, mutevole e influenzabile al suo interno, e allo stesso tempo apparentemente contenibile per quanto sia possibile catalogarne la presenza fisica. È questo il canone estetico in cui risiede la forza espressiva delle sue composizioni, esaltando la natura frastagliata dei profili irregolari e fluidi, complementari e volubili, inglobanti la vita stessa, e banalizzando ogni tentativo di comprensione superficiale e frivola catalogazione.
Principio a cui è sottomessa la sperimentazione tecnica e il suo sviluppo, dagli spray degli inizi a quello degli acrilici e dei collage, per giungere oggi a una serie di opere nuove, che l’artista realizza ad hoc per la sua personale milanese. Accanto infatti a una serie di disegni in cui è ancora presente e forte la bidimensionalità della composizione, accentuata dall’uso di texture e colori per la delimitazione delle forme, Aris presenta dei pezzi dove le forme di corpi fluidi emergono con una nuova consistenza e profondità proprio dall’intaglio di diversi e sovrapposti strati di carta dalla gamma cromatica di contrasto, segnando un’evoluzione nel percorso di ricerca dell’artista, che vediamo qui dispiegarsi in tutta la sua complessa bellezza.
Parentesi Aperte: Aris La macchia Umana a cura di Alessandra Ioalé
RASSEGNA STAMPA
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