La sua arte incarna l’ideale di chi è contro la censura, di qualsiasi tipo, ed è a favore della libertà di espressione. Una delle personalità artistiche fondamentali del panorama contemporaneo. La ricerca dell’artista cinese Ai Weiwei si risolve in un dialogo costante tra elementi propri della tradizione cinese e elementi appartenenti alla modernità globale, che si tinge di forte impegno politico e di denuncia sociale da quasi venti anni, e che Palazzo Strozzi celebra con la grande personale “Ai WeiWei Libero”, visibile fino a domani 22 gennaio. Un linguaggio carico di simboli coinvolti nel gioco di incastri, sovrapposizioni, ripetizioni e, perché no, emulazioni alla pari, in cui si esaltano le reciproche caratteristiche estetiche e tecniche dei materiali, quando preziosi e quando poveri e semplici, che l’artista di volta in volta usa.
Ciò che per me è importante mettere in evidenza sono la conoscenza approfondita della propria cultura messa in relazione a quella contemporanea, propria dei nativi digitali; la padronanza con cui, di entrambe, rimaneggia simboli, temi, tecniche e materiali e l’attenzione per un’accurata esecuzione, rivelando ai nostri occhi quando il sorprendente paradosso e quando il terrificante parallelismo concettuale, messo in atto dall’artista sempre in relazione con l’elemento materico fondamentale per l’intera lettura dell’opera.
Vediamo per esempio “The Animal That Looks like a Llama but is Actually an Alpaca” e “Grapes“. La prima è una complicata carta da parati, dalla lettura stratificata, dove si rintraccia il logo di Twitter e la figura dell’alpaca, coinvolti in composizioni caleidoscopiche insieme ad immagini di videocamere di sorveglianza, manette e catene. Il tutto a ricordare il periodo di detenzione di Ai WeiWei connesso proprio al fatto di essere un artista “scomodo” e più volte censurato dal Governo cinese per i suoi atti di denuncia quali sono ogni volta le sue opere. Non a caso il titolo dell’opera si riferisce a un modo di dire usato in Cina per evitare di essere censurati su Internet. La seconda invece riflette il carattere conservatore e ammiratore dell’artista verso la tecnica e l’armonia di tradizione cinese reinterpretata in un’opera di 34 sgabelli incastrati fra loro che diviene metafora della megalopoli contemporanea nella sua ripetizione del modulo iniziale in una struttura che sfida la gravità.
Proseguo col mettere in relazione due tipologie diverse di serie. Quella dei ritratti in LEGO, con cui l’artista opera una rilettura del Rinascimento italiano e di quelli che sono stati i volti dei dissidenti politici in tale epoca, un chiaro parallelismo a sé stesso e alla sua figura di artista impegnato e osteggiato; e la serie di oggetti in porcellana realizzati da artigiani di Jingdezhen (capitale di questo genere di artigianato), con cui l’artista unisce riferimenti di storia cinese passata e attuale a una tecnica antica e autoctona. Ne fuoriescono parallelismi e paradossi concettuali stupefacenti e taglienti. Free speech Puzzleè un’opera costituita da 32 tasselli relativi alle 32 province in cui è suddivisa la Cina, su cui è riportato dipinto a mano il motto “free speech”. Imitando la tradizione di scrivere sui pendenti il nome della famiglia in segno di buon auspicio, così qui la ripetizione del motto sia di buon auspicio per la Cina intera e i suoi abitanti. Ruyi, è un’altra opera realizzata con materiale e tecnica preziosi ma ciò che custodisce in sé è qualcosa di agghiacciante. Infatti l’artista reinterpreta, usando la porcellana, la forma del “ruyi”, un’antico scettro-talismano cinese, le cui parti non sono altro che interiora di pollo per riflettere sulla piaga del mercato degli organi umani di cui la Cina ha il primato.